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Edmondo Bernacca

DA MILITARE A GIORNALISTA – Stampa Romana – ottobre 1979

 

Cinque settembre 1979, ore 20.30, fine del telegiornale. Esco dallo studio 4 della Rai-TV, lo stesso studio ove iniziai il 6 gennaio 1968 la mia trasmissione “Che tempo fa”. Passo il cancello della famosa via Teulada 66 e improvvisamente sento di lasciare dietro di me quarant’anni di attività meteorologica; ventisei da militare e quattordici da civile come giornalista-pubblicista. Una attività che mi ha preso tutta la vita.

I ricordi, mentre percorro la via Olimpica per rientrare a casa ove mi attendono mia moglie, i miei due figli sposati e il piccolo Matteo dagli occhi azzurri come il cielo, si affollano nella mente. Non ho fretta; procedo lentamente per sentirmi ancora un poco vicino ai telespettatori.

Ed ecco per primo il ricordo di un momento importante; un momento che avrebbe sedici anni dopo determinato il cambiamento della mia vita di militare. Mi trovavo nell’agosto 1949 in licenza a Fivizzano in Lunigiana; avevamo perso l’estate e per di più verso la fine del mese scosse telluriche si erano verificate nel meridione. Sulla stampa di allora poco si parlava di argomenti scientifici (erano i primi anni dopo la guerra); pensai che sarebbe stato opportuno, importante parlare, informare la gente dei fenomeni naturali che tanto condizionano la nostra vita, le nostre attività. Se non potevamo neutralizzarli, conoscendone il loro meccanismo, la loro frequenza l’uomo avrebbe potuto senz’altro almeno limitare i danni alle persone e alle cose. Inviai subito due articoli al “Tirreno” di Livorno: “Fisiologia dei terremoti” e “Spremono le nubi gli agricoltori americani”, questi i due articoli. Il Direttore Athos G. Banti (persona amabilissima che conobbi poi a Roma) li pubblicò subito, rispettivamente il 2 e 11 settembre chiedendomi una più attiva collaborazione. Questo il primo incontro con il giornalismo.

Naturalmente proseguivo nella mia carriera militare nel Servizio Meteorologico dell’Aeronautica. Tuttavia gli incontri con la stampa si facevano più frequenti. L’undici settembre 1949 (settembre punteggerà altre date importanti) iniziai la collaborazione con “Il Tempo”. “Con il primo temporale di settembre si è conclusa la stagione estiva” (spero che la mia “stagione meteorologica” si concluda più serenamente). Ed ecco il ricordo del caro amico Ettore Dalla Riccia. Quante volte mi hai svegliato nel cuore della notte per chiedermi un “corsivetto” sui capricci del tempo (atmosferico). Non bastavano le notti in turno di servizio nell’Ufficio Previsioni ad analizzare le “carte del tempo” e a formulare previsioni; anche tu mi tenevi sveglio e… risvegliavi ogni volta questa passione giornalistica.

Ed ecco, fermo al semaforo rosso di piazza S.Giovanni di Dio, non un “sogno proibito”, ma il ricordo di un altro momento importante, forse il più importante. Primo marzo 1955; avevamo avuto un inverno veramente pessimo: febbraio terminava con bufere, fortunali, piene di fiumi, allagamenti, nevicate. Quanto basta per spingere la RaiTV a un intervista con un esperto del Servizio Meteorologico dell’A.M. Ero di turno e così, senza merito, la mia persona comparve per la prima volta, in divisa da capitano, in TV. E poi da maggiore, tenente-colonnello, colonnello. Amavo la vita militare e il Servizio nel quale ero entrato da giovane. Ma mentre approfondivo le conoscenze nel campo meteorologico, sempre più forte era la convinzione che la  meteorologia dovesse divenire una scienza al servizio di tutti, che nel programmare una qualsiasi attività si dovesse tener conto della componente meteorologica. La meteorologia, per i suoi aspetti sociali e economici doveva essere portata a conoscenza di tutti. Continuavano così le collaborazioni giornalistiche e televisive, naturalmente saltuarie.

Ma ecco il ricordo di un altro… settembre: quello del 1966. Entro come collaboratore fisso presso la RaiTV, lasciando il servizio attivo militare. Fu una scelta terribile. Ma il tarlo della divulgazione scientifica riuscì a corrodere le ultime resistenze. Il berretto e la sciabola rimasero per lungo tempo ben in vista nell’ingresso di casa.

Iniziava così la mia nuova attività civile di giornalista-pubblicista. Nel gennaio 1968 davo il via alla rubrica giornaliera “Che tempo fa”.

Sono ora nella calma del mio studio; davanti a me l’ultima carta del tempo che ho mostrato in TV con la mia ultima previsione.

Domani? Come sempre, appena alzato, aprirò la finestra e guarderò il cielo, questo cielo misterioso affascinante che è stato sempre la mia vita, da militare e da giornalista.

                                                                                                                                                                                     Edmondo Bernacca

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